Il 25 aprile nei ricordi dello storico rhodense Piero Airaghi

 Nel 2024 si celebra il 79° anniversario della Liberazione.

Un breve ricordo storico del rhodense Piero Airaghi, giunto alle sue 94 primavere, il quale ci fa viaggiare indietro nel tempo e ci consegna, in un suo scritto di oltre 300 pagine, con oltre cento illustrazioni originali e inedite, i suoi 25 aprile. 



“Quel 25 aprile avevo 15 anni”. Tanti i documenti di quegli anni di guerra, “anni di miseria e di povertà, di fame, di freddo e di paura. Il prezzo pagato dalla popolazione, città distrutte e gente senza più niente” il ricordo vivido nelle parole dello storico Piero Airaghi ci parla della realtà rhodense “Non posso dimenticare quel lunedì 10 giugno 1940, in cui il folgorante annuncio del Duce, portava l’Italia a entrare in guerra”.

“Verso sera, alle ore 18 precisamente, gli altoparlanti per la città di Rho trasmettono la dichiarazione di guerra. Nei giovani prevalse l’entusiasmo, mentre in quelli non più giovani il pensiero andava alla guerra che portava solo miseria e lutto. Ben presto ci si accorgerà che la guerra non sarebbe stata né breve né trionfale, bensì lunga e tormentosa.”

Lo storico Piero Airaghi, non vuole soffermarsi su ciò che accadde, ma ricorda con gioia il momento del trionfo, quello della giornata che ancora oggi ricordiamo “Quel 25 aprile non sarà solo la liberazione dalla tirannia, ma anche la liberazione dalla fame e dalla paura. Ricordo il giorno che le truppe liberatrici anglo-americane arrivarono a Rho, era il 29 aprile 1945. Tutta la popolazione li acclamò a gran festa, la guerra l’avevano vinta loro, sono loro che hanno sbriciolato la potenza militare tedesca. E ricordo con emozione di poter affermare che quando gli anglo-americani arrivarono, erano in molti coloro che potevano guardarli in viso da pari a pari, e quelli erano i partigiani, persone che avevano, sia uomini, sia donne, il principio della libertà nel loro ideale”.

“Il 25 e 26 aprile furono ancora giorni di combattimento, vedevamo i partigiani andare verso il Municipio, dove c’era il comando tedesco. Sentivamo nell’aria che l’atmosfera era diversa, c’era un fermento nuovo, non ho dormito tre notti. La grande festa fu il primo maggio, dopo tanti anni si tornava a festeggiare la festa del lavoro, due giorni di balli, canti, pane e vino per tutti. Di libertà ne abbiamo bisogno, quando c’è la senti e non bisogna spiegarla, è la gioia che ti prende quando capisci che è arrivata” ha concluso lo storico Piero Airaghi.

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