Convegno “Shoah: conoscere è necessario”.
Il convegno organizzato a Villa Burba la sera del 25 gennaio 2024
in occasione del Giorno della Memoria ha permesso intense riflessioni sul senso
della memoria della Shoah, sul passaggio del testimone ai giovani, sulla
responsabilità di ciascuno e su quanto accade oggi in Medio Oriente.
La serata
ha visto protagonisti Paolo
Mansolillo, autore del libro e della mostra “Vite spezzate”; Alessandra Jarach, del Memoriale della Shoah di
Milano; Daniele Nahum,
consigliere comune Pd a Milano, e Gadi Luzzatto
Voghera, direttore della Fondazione CDEC Centro di
documentazione ebraica contemporanea di Milano. In sala erano presenti Roberto Jarach, presidente del Memoriale della
Shoah, il presidente di ANED (Associazione nazionale deportati) di Milano Leonardo Visco Gilardi e Carmen Meloni, membro di ANED e attiva nelle
scuole rhodensi per la formazione degli studenti. Per l’Amministrazione
comunale il Sindaco Andrea
Orlandi, il vicesindaco Maria Rita
Vergani e la consigliera comunale Clelia La Palomenta, presidente della Commissione
Legalità e Antimafia. Presenti anche diversi studenti dell’It Mattei con
i loro insegnanti.
Federica Altamura,
giornalista chiamata a moderare il convegno, ha esordito ricordando che noi,
oggi, non possiamo avere memoria diretta di quanto accaduto. Per tramandare la
storia della Shoah, dunque, occorre conoscerla ed evitare di incappare in
errori.
Daniele Nahum, che ha curato la prefazione al libro
“Vite Spezzate”, ha sottolineato che “conoscere è necessario” e che “la Shoah non è
qualcosa di esogeno rispetto all’Italia, visto che prima del 1938 gli ebrei
italiani erano circa 40mila, 8.500 circa furono deportati e ne morirono 7.800,
ovvero un quinto del totale”.
“Noi –
ha continuato Gadi Luzzato
Voghera - non abbiamo memoria. Storia e memoria sono
cose diverse. In quello che oggi è territorio italiano ci furono due lager: la
Risiera di San Sabba dotata di forno crematorio e il campo di Bolzano, dove
furono rinchiuse 10mila persone, morte per lo più di fame. Poi va
ricordata la deportazione dei militari che si rifiutarono di combattere con i
nazisti: erano 650mila, non ne tornarono più di 80mila”.
Alessandra Jarach, guida al Memoriale nato nel 2013, ha
fatto diretto riferimento alla realtà di Milano: “Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità
come italiani, non è avvenuto tutto solo e unicamente per colpa di tedeschi e nazisti.
Si è sostenuto che alla Stazione Centrale le partenze avvenissero di nascosto,
teniamo conto del fatto che in dittatura il potere ti viene dal tenere il
popolo nell’ignoranza. E ancora oggi il razzismo si basa sull’ignoranza”.
In
riferimento alle leggi razziste è emersa la necessità di non utilizzare il
linguaggio del regime: “Dire razziali – è stato
evidenziato – fa riferimento a una idea di razza che non accettiamo”.
Molti i riferimenti all’intervista a Liliana Segre condotta
in tv da Corrado Augias. “La senatrice,
guardandosi intorno, oggi pensa che la sua testimonianza sia stata inutile. Non
è così – ha detto Gadi Luzzato Voghera – Gli italiani non
hanno l’abitudine di farsi carico della propria storia, riflettere sulle
responsabilità degli italiani in quell’epoca è un fatto rivoluzionario. Hitler
non ha mai chiesto a Mussolini di creare leggi razziste, lo ha deciso
Mussolini, vero autore del Manifesto della razza. Quanto a Camera e Senato,
avallarono quelle leggi come tutta l’infinita serie di provvedimenti odiosi che
portarono mille restrizioni per gli ebrei, con l’intento di spingerli a
lasciare il Paese”.
Nel
confronto sono emerse le ferite legate alla rimozione della memoria e di luoghi
stessi di questa tragica pagina di storia, oltre alla necessità di “fare i conti con la
verità della storia come hanno saputo fare i tedeschi”.
“In Italia –
ha sottolineato Nahum - la memoria è sfumata, e oggi si fanno
paragoni impropri con il Medio Oriente. Moltiplicare le date della memoria non
aiuta ad assumersi la responsabilità che è legata alla conoscenza dei fatti. Le
testimonianze dei sopravvissuti non sono inutili ma fondamentali”.
“Un ebreo italiano
oggi è vivo per caso – ha ricordato Gadi Luzzato – I suoi genitori o
nonni si sono salvati in qualche modo. È un dovere affrontare con termini
corretti tutto quanto: si deve parlare di genocidio e crimini di guerra.
Non possiamo smettere di ragionare su quegli avvenimenti e su quanto
significano per il nostro presente. Allo stesso modo dobbiamo ragionare sugli
eventi dolorosi e indicibili che accadono oggi con un vocabolario nuovo che non
faccia riferimento in maniera distorta a episodi del passato, altrimenti
Liliana Segre ha ragione a dire di avere testimoniato invano”.
Alessandra Jarach ha esortato a spiegare la storia
che ha portato agli avvenimenti partiti il 7 ottobre scorso: “Il riferimento agli
ebrei avviene solo in alcuni momenti della storia. Ci si ricorda di noi il 27
gennaio, quando però ricordiamo i morti e non i vivi. Noi famiglie ebree
presenti in Europa ricordiamo la Shoah dentro noi, il Memoriale è monito per
l’umanità intera, per costruire un futuro migliore per i vivi. In questo stiamo
fallendo perché bastano nuovi eventi per far ricomparire il latente
antisemitismo e tutti prendono coraggio e si permettono di dire che diamo
fastidio. Non possiamo fermarci perché le cose sono difficili, occorre
assumersi il compito di fare chiarezza”.
Dai
relatori i complimenti all’Amministrazione comunale e alle scuole per il lavoro
svolto in occasione del Giorno della Memoria. Le conclusioni sono state
affidate al Sindaco Andrea
Orlandi: “E’ un onore avere con noi Roberto Jarach, ringrazio anche il presidente di ANED e gli
esponenti di Anpi Bollate qui presenti. Dobbiamo riflettere, lo abbiamo fatto
inciampando questa mattina nella storia con i ragazzi delle scuole, percorrendo
il percorso delle nove pietre di inciampo presente in città. Memoria è
missione: ci deve insegnare a far sì che la parola indifferenza scritta al
Memoriale aiuti a compiere una scelta per quel che viviamo oggi, dobbiamo fare
memoria, non dimenticare, per costruire una comunità più giusta. E c’è davvero
tanto lavoro da fare”.
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