Da poco trascorso l’anniversario, il professor G.G. Montevenere ricorda il primo caduto della Grande guerra.
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Alla mezzanotte tra il
23 ed il 24 maggio 1915, terminava il quasi cinquantennale stato di pace tra
l’Austria e l’Italia. Lungo i circa 700 chilometri di frontiera tra i due Paesi
spararono i cannoni. Poco dopo avanzarono i fanti; entro Natale a Vienna! Poi
tutti a casa. Radiose giornate di maggio avevano incrementato follia,
rassegnazione e coraggio. Si dava corso all’igiene del mondo (finalmente!
qualcuno disse. Fu un folle od un pescecane, chissà!). Gli alpini in avanzata
già poco oltre il confine nemico, son già sulla cresta del monte Jeza. “Si va a difendere la Patria, si va a tornar
nostro, quel che già fu nostro.” Mormoravano quei giovani
sottovoce. Le guardie di confine austriache li attendevano al Passo di
Cappella, ben difendibile. Furono sparati i primi colpi di fucile. Erano le 4.
Già da quattro ore la guerra mondiale faceva l’eco tra i monti. Colpito con precisione,
tra gli occhi e la visiera dell’elmetto, ci fu il primo caduto, eufemismo per
non dire brutalmente “morto”. Alpino di Udine, vent’anni d’età. La più bella
per l’avventura, la peggiore per morire. Gli alpini si ritirarono, portarono il
cadavere del compagno per la sepoltura con rituali. Si chiamava Riccardo Giusto.
Ora c’è un cippo è piantato sul luogo della sua morte. Più di un milione di
figli d’Italia seguì la sua sorte. Riccardo Giusto di Udine. Orfano, di
professione facchino delle ferrovie. Classe 1895. Caduto per la Patria. E
questo è tutto quello che possiamo dire dell’alpino Riccardo Giusto.
Professor G.G. Montevenere |
“E’ notte e fa freddo. Emozione. Paura. Siamo
in guerra. Non so bene cosa vuol dire. Uomini contro uomini, come mi par di
capire. Ci si fa male, si può anche morire. Morire per la Patria. Dicono tutti
che è la cosa più bella. Io non voglio morire. Senza padre dal primo giorno e
non ricordo più neanche mia madre. Vorrei essere padre anch’io un giorno e non
lasciare mio figlio. Ma il re ha detto che deve tornar nostro quel che fu
nostro. E sento freddo e più ancora tanta paura. Lungo questa cresta di monte oscura.
Mamma mia stai vicino a me. O papà aiutami tu. Fa che non mi spari nessuno. Con
il rumore che facciamo tra questi sassi ci sentiranno: è sicuro. Se va bene mi
faranno eroe. Ha detto il capitano. Il Passo di Cappella sarà poco più in là.
Ho paura, ho solo faticato da che son nato, ma ora sento in bocca non solo il
secco della paura, ma il sapore nuovo dell’avventura. Con questo fucile tra le
mani sento una gran forza dentro di me. Mamma e papà, proteggetemi che sarete
orgogliosi di me. Spari. Luci di fiammate si accendono e spengono. Sento un
dolore appena. Non vedo più niente. Non sento. Fiammelle…Un vortice grigio… Il
buio. Cosa succede… Ho pau…”
Professor G.G.
Montevenere.
Storie di Andrea Re.
To the Alpino Riccardo
Giusto. Unjustly died for the country.
Just after the
anniversary, Professor G.G. Montevenere remembers the first fallen.
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At midnight between 23
and 24 May 1915, the almost fifty-year state of peace between Austria and Italy
ended. Cannons fired along the approximately 700 km border between the two
countries. A little later the infantry advanced; by Christmas in Vienna! Then
everyone home. Radiant May days had increased madness, resignation and courage.
World hygiene was taking place (finally! Someone said. He was a madman or a
shark, who knows!). The Alpini already advancing just beyond the enemy border
are already on the crest of Mount Jeza. "We go to defend the homeland, we
go back to ours, what was already ours." Those young people murmured under
their breath. The Austrian border guards were waiting for them at the
defensible Passo di Cappella. The first shots were fired. It was 4 o'clock. The
world war had already been echoing in the mountains for four hours. Shot with
precision, between the eyes and the helmet visor, there was the first fallen,
euphemism for not saying brutally "dead". Alpino from Udine, twenty
years of age. The best for adventure, the worst for dying. The Alpini withdrew,
carried the corpse of their comrade for burial with rituals. His name was
Riccardo Giusto. Now there is a memorial stone planted on the site of his
death. More than a million sons of Italy followed his fate. Riccardo Giusto of
Udine. Orphan, railway porter by profession. Born in 1895. Fallen for the
country. And this is all we can say about the Alpino Riccardo Giusto.
Or one could say so.
"It's night and
it's cold. Emotion. Fear. We are at war. I don't quite know what it means. Men
against men, as I understand. You get hurt, you can even die. Die for the
country. Everyone says it's the best thing. I don't want to die. Fatherless
from day one and I don't even remember my mother anymore. I would like to be a
father too one day and not leave my son. But the king has said that he must
return to us what was ours. And I feel cold and even more so afraid. Along this
dark mountain ridge. Mama mia, stay close to me. Oh dad, help me. He doesn't
let anyone shoot me. With the noise we make among these stones they will hear
us: he is sure. If it goes well they will make me a hero. said the captain.
Passo di Cappella will be a little further on. I'm scared, I've only struggled
since I was born, but now I feel not only the dryness of fear in my mouth, but
the new taste of adventure. With this rifle in my hands I feel a great strength
inside me. Mom and dad, protect me you'll be proud of me. Shooting. Flare
lights go on and off. I just feel a pain. I can't see anything anymore. I can
not hear. Flames…A gray vortex… Darkness. What's going on… I'm afraid…”
Professor G.G.
Montevenere.
Storie di Andrea Re.
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